*L’esclusività
sessuale: un’altra chimera, mascherata da posticci sentimenti, in grado di
danneggiare la fisiologia umana
I cacciatori-raccoglitori vivevano e si
spostavano in gruppi di 25-30 individui che, nel corso della storia, si
ampliarono fino a 100-200 individui, con famiglie strettamente imparentate,
all’interno delle quali ci si scambiava partners sia maschili che femminili, in
cui i marmocchi erano “figli di tutti”, essendo essi sostentati dall’intera
comunità.
Ciò fa pensare che la predisposizione
genetica dell’homo sapiens sapiens sia quella di vivere in piccoli gruppi
affiatati in cui non vi siano vincoli sessuali esclusivi, e non certo in
aggregazioni di milioni di persone ove, per motivi di ordine sociale e di
svezzamento della prole, si tende a imporsi la monogamia, dove per “si tende”
sta a significare che tra le intenzioni e i fatti ce ne passa, imperando,
infatti, ugualmente la naturale promiscuità,
ma dove il nascondere certe verità costa in termini di personalità e di
salute psicofisica già, peraltro, minate dal caos indotto da comunità
sovraffollate ed estranee.
Un
approfondimento degli aspetti sessuali del vivere umano può essere
interessante.
Molte
persone oggigiorno fanno dipendere una buona parte dei loro equilibri interiori
dalla determinante rilevanza conferita alla qualità dei rapporti di coppia.
Questa tanto caldeggiata esclusività, da trarre da certi cosiddetti sentimenti,
può produrre, però, una gran serie di spersonalizzazioni, di frustrazioni, di
vittimismo, di pretese e di alibi fuorvianti. Sia donne che uomini, per
soddisfare il proprio ego deturpato da condizionamenti sociali vòlti a
segregare menti, nei ruoli di partners scendono a compromessi, pretendendoli
dalla “propria metà”, nascondono reciprocamente ciò che non sarebbe
accettabile, e alla fine divengono l’un dell’altro il problema principale della
propria esistenza, con tutte le conseguenze che certe depressioni e certi stati
di tensione possono avere sulla funzionalità organica e sull’estetica.
Gli
esperimenti e gli studi, di cui si parlerà ora, vorrebbero far riflettere sulla
sostanza che muove, dagli abissi della nostra storia evolutiva, molti di quei
nostri atti che diventano, proprio in quanto inconsci, terreno fertile ove
sviluppare quelle insane tensioni, con riverberi su estetica e salute, che
spesso sono inevitabili nell’ambito della pretesa esclusività e della
idealizzata particolare efficacia della coppia.
È stato
provato che già tra gli uccelli, animali a prole inetta, e che, pertanto,
formano coppie stabili, il 40% circa dei nati, nonostante l’accurata
sorveglianza del maschio sulla compagna, sono figli di altri maschi.
In uno studio di P. Gagneux su un gruppo di
scimpanzé, mediante analisi del DNA, si è riscontrato che 7 dei 13 piccoli nati
nel gruppo non erano figli dei maschi del gruppo stesso. Evidentemente molte
copulazioni delle femmine erano avvenute fuori dalla comunità con strategie
tali da sfuggire sia all’attenzione dei maschi del gruppo che a quella degli
scienziati che osservavano la comunità. All’interno dello stesso gruppo si
osservò che alcuni maschi dominanti non ebbero figli, cosa che induce a pensare
che non è poi vero che i dominanti si riproducono di più, ma che, semmai, si
accollano la gestione della sopravvivenza di figli altrui. D’altronde, per
alcuni maschi non dominanti potrebbe essere positivo, al fine di ben perpetuare
i propri cromosomi, questa strategia apparentemente subdola, avvalendosi dei
vantaggi “materiali” che un dominante può garantire a un loro figlio.
*La
promiscuità, con la quale si è soliti etichettare i maschi, è una
caratteristica anche femminile
Per quanto riguarda l’homo sapiens sapiens,
oltre ai dati che indicano il 20% circa dei bimbi come frutto di un
“tradimento”, è abbastanza comprovato che le femmine pensano al sesso quanto i
maschi. La stessa struttura della clitoride, di cui si considera solo l’apice
esterno, comprende, invece, una massa interna di tessuto erettile abbastanza
estesa.
Ove mai non fosse intuibile, alcuni
esperimenti sugli esseri umani di R. Baker e M. Bellis, per le cui complesse
tecniche si rimanda ai loro studi segnalati nei riferimenti bibliografici,
hanno dimostrato che le femmine che avevano rapporti con più di un maschio
facevano, inconsapevolmente, in modo che i rapporti occasionali avvenissero in
concomitanza con l’ovulazione. Inoltre, la contraccezione era meno usata nei
rapporti da flirt che nell’ambito della relazione stabile. Si può ipotizzare
che la stessa maggiore eccitazione indotta dal rapporto occasionale, che fa sì
che non si sia lucidi nel prendere precauzioni, sia un modo inconscio per
aumentare la probabilità della riproduzione al di fuori della coppia. In più,
si è provato che i rapporti “extra” erano vissuti a pochi giorni di distanza
dal rapporto con il partner fisso, cosa questa che fa pensare, oltre a una
strategica possibilità di non insospettire il compagno nel caso di una
eventuale gravidanza, anche a un modo per mettere in competizione tra loro gli
spermatozoi dell’uno e dell’altro, in quanto lo spermatozoo vincente sarebbe il
più adatto.
Proprio per questi fattori, secondo M.
Donnarumma, per una donna è determinante avere un partner fisso, affinché possa
essa esaltarsi nella ricerca e “nell’utilizzo” di copulatori occasionali o
“collaterali”. A sostegno di tale riflessione c’è da aggiungere che, nelle
società occidentali attuali, proprio i maschi più affidabili, ovvero i
“mariti”, sono, per l’appunto, portati a stressarsi di più nel ciclo sociale
lavorativo, per cui la loro libido viene ridotta dalla saggia Natura che tende
ad abbassare la probabilità che diventi padre chi non è nel pieno delle proprie
potenzialità psicofisiche.
Tutto ciò che si è detto non vuol essere,
ovviamente, un’arringa moralistica, ma, anzi, fa riflettere su come la Natura,
al di là delle nostre convenzioni idealistiche, spinga verso la direzione di
una quanto più efficace possibile variabilità genetica. Inconsapevolmente, i
comportamenti sessuali di maschi e femmine sono naturalmente indotti dalla
necessità di garantirsi una maggior quantità di una propria prole ben adattata
all’ambiente, cosa che potrebbe non avvenire, in caso di qualche tara genetica
o socialmente indotta, in scambi sessuali esclusivamente monogami.
*L’originaria
e “sincera” promiscuità sessuale è ancora oggi fondamentale, seppur occultata e
insanamente biasimata
Quindi, la promiscuità non è solo dei maschi
per la loro possibilità dei tanti spermatozoi da “piazzare” a partners diverse.
Ad aumentare la variabilità genetica concorre anche la promiscuità delle
femminucce, alle quali il sesso “piace” quanto ai maschietti. D’altronde,
l’orgasmo stesso sia maschile che femminile, per il quale c’è un prologo di
pulsioni e di desideri che ne prepara costantemente la potenziale
realizzazione, è un veicolo di intenso piacere che crea “dipendenza”,
divenendo, dunque, una potente motivazione che aumenta notevolmente le
probabilità riproduttive. Si provi a pensare se i rapporti sessuali non fossero
piacevoli ed eccitanti, se l’unica molla che spinge a riprodursi fosse solo un
ben ferma volontà di entrambi i partners: ci sarebbe un minor numero di
accoppiamenti e si ridurrebbero le potenzialità di perpetuazione della specie.
Per una donna, del tutto inconsapevolmente,
i partner occasionali non significano soltanto stimoli nuovi, ma, nel contempo,
maggiori probabilità riproduttive con maschi sani e attivi, e con cui l’enfasi
dell’incontro ridurrebbe il controllo anti-concezionale, mentre il partner
fisso non è colui con cui necessariamente riprodursi, ma l’essere affidabile
per l’accrescimento dei figli di lei.
Che in genere le donne tengano molto a
prepararsi nell’aspetto, prima di uscire dalla propria dimora, è un più o meno
inconscio modo per piacere non certo all’eventuale compagno ufficiale, ma per
attrarre il potenziale “avventore” occasionale, oltre a, semplicemente,
“allenare” la propria capacità riproduttiva, monitorando il livello di potere
seduttivo, provocando, e semmai respingendo, approcci.
*S. Freud ha visto nella repressione sociale
degli istinti sessuali la causa di molti disagi. E se il problema venisse,
invece, dal non riuscire a sottrarsi al piacere massificante della
riproduzione?
Come
detto, il piacere sessuale è un incentivo imprescindibile per aumentare le
probabilità di riproduzione. Per la Natura e per la legge dei grandi numeri,
più gente si eccita e si accoppia, maggiore è la possibiltà che ci scappi il
marmocchio. L’individuo diviene, in realtà, solo una mera e insignificante
pedina in uno sconfinato meccanismo imperniato sulle masse. Tutto ciò dà,
inconsciamente, l’effetto di una de-individualizzazione, da cui può scaturire
una sorta di senso di colpa per essere dipendenti da un’entità, distorta dal
sociale, che svilisce il Sé, causando risposte organiche anomale.
La
nascita dei figli nei liberi e sessualmente promiscui gruppi atavici nomadi
cacciatori-raccoglitori ha rappresentato un continuum naturale non vincolante,
perché non soggetto a modifiche sostanziali del percorso esistenziale dell’individuo.
Tra i civilizzati la nascita di figli induce a notevoli cambiamenti dovuti a
“necessità” sociali. Il piacere della seduzione, della conquista e del sesso
sono lo specchietto per le allodole perché la Natura possa proseguire, pure nel
contesto civile stanziale e basato sul possesso di cose e di persone, nella sua
continuità di rinnovamento: le intelligenze cellulari percepiscono la stortura,
mentre la razionale e “malata” istintività della persona sociale continua a
esaltarsi in un finto amor proprio, rotolandosi nella rappresentazione teatrale
della conquista e del godimento.
*La
teoria evoluzionistica specifica come le diverse preferenze nelle modalità di
scegliere il partner fisso dipendano da pressioni selettive
La teoria
dell’investimento genitoriale dice che le donne hanno maggiore interesse
per i figli perché, rispetto agli uomini, possono propagare i propri geni
attraverso un numero inferiore di individui, sia a causa dell’unico ovulo
mensile fecondabile, sia per i tempi inferiori di “potenziale” per la
procreazione. C’è da aggiungere che le tendenze che verranno descritte si sono
sviluppate, negli umani, con lo stanzialismo consequenziale alla nascita
dell’agricoltura: lavoro, possesso, energia da ripagare, potere e gelosie che
tra i promiscui nomadi non avevano modo di esistere.
Secondo gli studi di D.M. Buss, i maschi,
nella ricerca della partner fissa, sono:
-più attratti dalla età giovanile, per la garanzia di maggior potenziale
riproduttivo e di tempo ed energie efficaci per lo svezzamento, nonché
dall’aspetto, in quanto ampiezza del bacino e seno prosperoso “rassicurano”
sulle gestazione e sull’allattamento;
-più attratti dalla tendenza alla castità (reale o presunta che sia)
della partner, per ridurre le probabilità, e quindi le preoccupazioni per
rivali sessuali, di non essere il padre dei figli da essa generati;
-più gelosi dell’infedeltà sessuale della partner, sempre per il rischio
di dover investire risorse per sostenere cromosomi non derivanti da sé;
-più tolleranti nei confronti dell’infedeltà sentimentale della partner,
in quanto se la propria donna è coinvolta sentimentalmente con un altro, sarà
probabilmente proprio quest’ultimo a dover investire risorse sugli eventuali
figli di quella donna e, semmai, pure di quelli non propri, ma già nati dal
precedente legame di lei. In tal modo, all’abbandonato sarebbe comunque
garantito che i propri cromosomi vengano ben propagati anche attraverso la
tutela dei suoi figli allevati da un altro.
Per D.M. Buss, le femmine, invece, nella ricerca
del partner fisso sono:
-più attratte dalle evidenze delle risorse che il maschio ha la capacità
di offrire per sostentare e propagare adeguatamente i cromosomi provenienti
dalla compagna, e meno attratte dall’aspetto e dal potenziale riproduttivo, cosa
quest’ultima che, oltre a non essere, come intuibile, necessaria, aumenterebbe
il rischio di essere abbandonata per un’altra;
-più gelose dell’infedeltà sentimentale. Questo perché un maschio,
coinvolto sentimentalmente con un’altra donna, potrebbe investire molte delle
sue risorse materiali con i figli che potrebbe avere con questa, riducendo la
disponibilità nei confronti dei cromosomi provenienti dalla femmina
abbandonata;
-più tolleranti nei riguardi dell’infedeltà sessuale, in quanto non
corrono alcun rischio di allevare figli che non possano essere i propri.
Uno degli effetti più clamorosi di questo vortice di interessi
cromosomici è il rito conciliatorio del corteggiamento: esso, soprattutto se
prolungato, attraverso il fatto che la femmina non cede facilmente,
“garantisce” il maschio nella sua necessità di una partner fedele, mentre, di contro, serve alla femmina per
constatare quanto l’interesse del maschio sia talmente elevato da sopportare la
frustrazione, la quale può essere indice di affidabilità. L’auto-inganno umano
è sconcertante; in tanti ripercorrono il periodo del corteggiamento come le
fasi indimenticabili e sublimi del loro rapporto, trascurando che di “vero
amore” per l’altra persona ve ne è sempre stato ben poco, essendo piuttosto il
tutto centrato sull’interesse dei propri cromosomi da salvaguardare nei futuri
figli.
Tutte
queste considerazioni vogliono ulteriormente spingere a riflettere su come
molte inquietudini relative ai rapporti di coppia potrebbero avere una potente
matrice genetico-evolutiva, di cui i “portatori” possono essere del tutto
ignari. In fondo, da quando siamo stanziali, e quindi
lavoratori-consumatori-riproduttori, accaparratori di spazio vitale e gelosi
del nostro partner, si sono palesati meccanismi biologici legati, per i maschi,
alla necessità di sapere che i costi psichici e materiali relativi allo
svezzamento della prole siano con certezza devoluti a cromosomi derivati da sé,
e per le femmine al fine che le proprie perpetuazioni genetiche siano con certezza
protette psichicamente e materialmente da un padre affidabile. Il motivo
principale per cui molte donne libere “puntano” su uomini sposati sta nel fatto
che questi, per l’appunto, hanno un “curriculum” di grande affidabilità, tanto
più qualitativo quanto meno facilmente mollano la moglie e gli eventuali figli.
*Le “naturali” tendenze del mondo delle
femmine, nella civiltà del possesso, fanno sì che molte si “concedano”, per
mettere su casa e figli, scimmiottando sentimenti
Le donne si
vivono loro stesse come contropartita di un’offerta di status sociale quanto
meno accettabile. Molti maschi che ad esse hanno poco da offrire, o che da esse
ben poco, umanamente, ricevono, sono i frustrati che vanno a puttane,
alimentando quello che si dice, a giusta ragione, essere il mestiere più antico
del mondo, ma del mondo degli ignobili “stanziali”, non certo di quello delle
ancestrali nobili tribù promiscue dei cacciatori-raccoglitori nomadi. La prostituzione
non ci sarebbe se non esistesse l’istituzione innaturale e frustrante della
famiglia, frutto sempre delle società del lavoro e della proprietà; finirebbe
la compra-vendita del sesso se le femmine “per bene”, invece di offrire il loro
corpo e le loro migliori attenzioni al maschio psico-materialmente più
affidabile della propria cerchia di conoscenze, interagissero in una vera
intimità intellettiva, sia con quel che di buono può esserci in maschi poveri o
“inaffidabili”, sia con i propri ufficializzati compagni di vita. D’altronde,
il fatto che a “utilizzare” le prostitute siano anche tanti i maschi ammogliati
dimostra quale sia la profondità, il piacere e la naturalezza di tante
apparentemente felicissime unioni matrimoniali, nonché, in genere, delle
utopistiche e vacue aspettative, del tutto contro-Natura, del rapporto a due.
Per un maschio, sentirsi dire da una donna “Ti
amo, sei l’uomo della mia vita” non dovrebbe affatto essere un motivo di vanto,
poiché una femmina, pur di riprodursi e di sostentare al meglio la propria
prole, come evidenziato da M. Donnarumma, non rischia nulla: si accoppia con il
maschio caratterialmente ed economicamente più affidabile della propria cerchia
di conoscenze, scartando, almeno come partners fissi, maschi più attraenti e
coinvolgenti, ma continuando, seppure già accoppiata e madre, incessantemente a
“selezionare” non solo potenziali compagni di vita, ove mai fosse necessario
rimpiazzare il prescelto, o nel caso qualcuno dei selezionati si mostrasse
ancor più indefessamente “affidabile”, ma anche nuovi “candidati” riproduttori.
La Maria che aspetta un figlio, insieme al
Giuseppe che non lo ha concepito, ma che deve credere sia comunque suo figlio,
è una potente fonte di persuasione religiosa tesa a mantenere su, a tutti i
costi, l’idea socialmente necessaria della famiglia e della sua graniticità.
Di contro, per una femmina non dovrebbe
divenire un trauma l’allontanamento fisico, o quantomeno mentale, del partner
proprio nel periodo in cui da esso è stata ingravidata: il maschio, compiuta la
“com-missione” affidatagli dalla Natura, inconsapevolmente è già pronto, come
soldatino sull’attenti, per nuovi ordini.
Con questa disanima non si vuol spoetizzare
la “magia” degli incontri, ma giungere a una maggiore consapevolezza di ciò che
spesso realmente muove, determina ed emoziona l’esistenza degli esseri umani. Ciò
potrebbe rendere tutti un po’ meno illusi e, quindi, meno soggetti a tracolli
psicofisici. La possibilità di vedere da un’altra prospettiva, un po’ più
realistica, le matrici di certi sentimenti, potrebbe indurre a pretendere, sia
da parte femminile che maschile, di meno dal partner, per la propria
realizzazione esistenziale, e di più da se stessi.
*La
promiscuità sessuale è del tutto naturale: più che domandarsi perché ci si
tradisce, bisognerebbe chiedersi perché non ci si tradisce
Nel momento in cui si vive l’altro in
funzione dello scopo cui si vuole arrivare, il rapporto è finalizzato e falsato
e, dunque, vacuo e foriero di tensioni di possesso e di auto-affermazione che
incidono sullo stato estetico-salutare; se, invece, reciprocamente ci si vive
come individui nella propria totalità, e senza altro fine che condividere le
rispettive essenze, la sensibilità, verso l’essere attratti da altri, si
condivide con complicità.
Nelle coppie ci si stanca l’un dell’altro, non
perché l’altra “metà” non valga più niente, ma per la semplice necessità della Natura che spinge
verso nuovi individui per aumentare le probabilità di variabilità genetica e di
progenie sana e resistente. Nell’ambito
di una relazione ognuno di noi dovrebbe addirittura predisporsi a “lasciare”
l’altro se non ci tiene al corrente delle sue inevitabili relazioni “extra”,
anche sessuali, e bisognerebbe arrivare a pretendere che questa condizione si
verifichi. Uno stato di cose, invece,
ove ognuno dei due sa o pensa che ci sia una cosiddetta fedeltà dell’altro,
dove i partners non si decidano a condividere la propria “inaccettabile” Ombra,
finisce col non avere alcun senso e sarebbe un rapporto da chiudere in tutta
fretta.
In molte coppie, paradossalmente, ci si
nasconde i tradimenti reciproci per non essere lasciati dal partner, intuendo
che questi sfrutterebbe l’evento come pretesto, non aspettando altro, per
chiudere la “relazione”.
*La
vita in comune e le ansie correlate sviliscono, attraverso anomalie
biochimiche, le potenzialità estetiche e psichiche degli individui
Investire la propria vita in un insieme di
compromessi e rinunce, chiamato “amore”, può rendere vittime
dell’idealizzazione del partner e dell’amor proprio, allontanando e occultando
sempre più la parte di sé più determinante da sviluppare. Prender coscienza di
ciò che, inevitabilmente, spinge dalle profondità cellulari gli organismi
umani, può rendere più tolleranti in generale e più cultori di se stessi, con
la conseguenza di non vivere, come spesso accade nei rapporti di coppia, la
stessa persona, inizialmente, come se fosse un essere sovrannaturale capitatoci
a mo’ di manna dal cielo e, col tempo, in una spirale delirante di aspettative
reciproche, quale il peggiore affare che il fato potesse rifilarci per distruggere
la nostra esistenza. Gli effetti deleteri di anni di convivenza subìta, la
proiezione, sul partner, delle proprie problematiche irrisolte, l’illusione del
fatto che la propria serenità dipenda da un altro essere, sono gli stati
d’animo alla base di alterazioni ormonali, come quella descritta del cortisolo,
o respiratorie, responsabili di tante deformazioni estetiche e di molteplici
patologie, ben riscontrabili nelle famiglie occidentali.
Se accoppiarsi è, come rilevato da E. Fromm,
trovare un rifugio a un insopportabile senso di solitudine, si finisce con il
formare e l’idealizzare un’alleanza a due contro il mondo, e questo egoismo a
due viene scambiato per amore e intimità, che, invece, prima o poi, attraverso
un rimbalzo di proiezioni, si riveleranno essenze ben vacue e renderanno il
contatto una fucina di conflitti. Essere nella testa dell’altro, permearne
indissolubilmente i pensieri, non è assolutamente identificabile con
l’esclusività del possesso sessuale o materiale, i quali fenomeni appartengono
strettamente a una matrice riproduttiva che, per quanto naturale e
fondamentale, è rivolta all’evoluzione e alla protezione cromosomica e, proprio
per questo, proiettata al futuro. Come in tutte le cose che si vivono in funzione
di ciò che sarà, l’ansia, le turbative e il malessere possono incunearsi e
cementarsi.
L’essere veramente insieme è nel piacere del
presente di anime sole, forti e asessuate, capaci di elevarsi, di tanto in
tanto, a individui, al di là delle pulsioni riproduttive che la vita impone e
alle quali è forse impossibile e insano cercare di sfuggire, ma da cui non è
certo insormontabile distaccarsi come osservatori esterni e, pur emozionati da
tale incessante e inarrestabile flusso, trovare il potere di immortalarsi
insieme all’altro nel quieto e sublime istante del bastare a se stessi.
TRATTO DAL LIBRO:
DIETA BIO-SOFICA - NUTRIRE IL PROPRIO ANIMO E IL PROPRIO CORPO
di Giovanni Moscarella - Edizioni Mediterranee - Roma - 2010
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